Perché hai paura? - di Jerome Loubry --- L’isola è il rifugio contro la paura della realtà, una dipendenza che non si può evitare
La paura di perdere chi si ama perseguita un po’ tutti, e quando questo avviene non si è mai pronti. C’è chi continua la propria vita normalmente, confidando nella vicinanza della persona scomparsa e affidandosi a tutte le forze divine per andare avanti; c’è chi non se ne fa una ragione perché la mancanza è più forte di ogni altra cosa e rimane bloccato: pensa in continuazione al passato, a quello che avrebbe potuto o dovuto fare per evitare la tragedia, il ‘non aver fatto abbastanza’ diventa il chiodo fisso. Bloccati in un loop ad ogni passo di vita.
Ma ahimè c’è di peggio perché la nostra mente è imprevedibile:
purtroppo può accadere che la persona che ha subito la perdita crei altre realtà facendone di essa un rifugio dal quale non ha più scampo…
Ed è proprio quello che succede in questo thriller
psicologico uscito nel 2021 e il cui autore francese ha deciso solo recentemente
di diventare uno scrittore, dopo anni di attività di ristorazione. Affascinato
dalla psicologia, Jerome Loubry confessa di voler studiare le menti dei suoi
personaggi per poi ritrovarsi a giocare una vera e propria partita di scacchi
con il lettore che manipola con una certa facilità.
‘Perché hai paura?’ si svolge in Normandia e parla di traumi,
quelli vissuti dai personaggi nelle epoche in cui si articola la storia,
quest’ultima scandita dal richiamo dei versi di una alquanto bizzarra e
inquietante filastrocca di Goethe.
Siamo nel 1986 e Sandrine Vaudrier, giornalista, viene
informata della morte di sua nonna che non ha mai conosciuto e che ha vissuto
la sua vita su un’isola vicino la costa: qui nel 1949, al termine della Seconda
Guerra Mondiale, la donna prestava servizio presso una colonia per bambini creata
appositamente come rifugio contro
gli orrori perpetrati dal grande conflitto; ma ben presto qualcosa cambia e la
tragedia non può essere evitata.
Perciò, anni dopo, Sandrine arriva sull’isola per recuperare
ciò che la nonna le aveva lasciato in eredità; ed ecco che qui fa delle
scoperte sconcertanti rivelategli anche dai pochi abitanti costretti a rimanere
sull’isola. Qualcosa o qualcuno incute paura:
cosa è successo ai bambini della colonia nel 1949? Chi era veramente sua nonna?
La realtà mutevole farà ritrovare Sandrine
a vagare su di una spiaggia con i vestiti coperti di sangue non suo…
La narrazione non procede lineare, ma sembra creare un
labirinto dove il lettore deve stare attento ad ogni indizio per non smarrirsi.
Ci si immerge in una realtà
illusoria come un gioco di scatole cinesi, credi prima in qualcosa, poi in
un’altra e infine in un’altra ancora. La sfida più grande è che tutto deve
avere un senso con un finale credibile per spiegare tutta l’architettura delle realtà incontrate.
‘Il tempo è un
concetto variabile’ viene detto più volte durante il racconto, la paura del suo avanzare è spesso oggetto
di molti dibattiti, ma solo la qualità di come esso viene speso è importante.
Questo libro fa riflettere sugli aspetti della mente umana e
su come questi vengono deturpati dagli eventi, creando un rifugio in cui ci si nasconde per negare la realtà: impossibile non leggerlo fino alla fine.
E voi, cosa fareste al posto di Sandrine? Cosa fareste se
non aveste più il controllo della vostra mente?
Voto: 5/5
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